Il Mondo di Mauro & Lisi

 

 

Premio Speciale 'Municipio II' al concorso letterario 'M&L a Roma'
 

 MISTERO A FONTANA DI TREVI
 

di Lorenzo Gargiulo,
della Scuola Elementare "Villaggio Olimpico"

 Erano le 10:00 del mattino quando mi svegliai. La casa era silenziosa, quasi da far paura. Dalle persiane semiaperte entrava della luce, che a tratti illuminava le coperte che, avevo stropicciato. Provai a gridare il nome di mio fratello, per vedere se era in casa, quando scorsi tra due piccoli libri un biglietto. Già dalla scrittura mi accorsi che era da parte di Mauro. Iniziai a leggerlo tra me e me: “Cara Lisi, ho ricevuto un’ e-mail urgente dal mio capo, Di Belardino, per cui mi devo recare nel suo ufficio per discutere della faccenda. Ci vediamo all’ora di pranzo, baci Mauro.” Mi scrisse quel giorno mio fratello, mentre io me ne stavo beatamente sdraiata sul letto, rannicchiata tra le pesanti coperte.
Dopo essermi alzata, mi diressi verso il salotto e guardai la televisione per un po’ di tempo, quando poi iniziai ad avere alcuni sospetti sui motivi per cui Mauro se ne era andato con così tanta fretta dal suo capo senza nemmeno potermi aspettare. Sembrava non tornare più, così iniziai ad indagare anch’io. Tornai nella camera da letto, presi il computer portatile di Mauro e controllai se per caso, tra le ultime E-mail ricevute, c’era qualcosa che mi potesse interessare.
Dopo lunghi minuti trovai in fondo alla lista il nome di Di Belardino. Cliccai due volte su quel nome e si aprì una pagina che non feci nemmeno in tempo a leggere quando sentii qualcuno bussare alla porta: era Mauro. Cercai di leggere quel foglio di sfuggita. Prima di andare ad aprire, lessi che Mauro era stato chiamato per risolvere un altro caso, ma questa volta era proprio a Roma, nella nostra città. Appena aprii la porta, chiusi il computer, in modo che mio fratello non potesse vedermi.
Accompagnai Mauro in sala da pranzo: quello fu un pranzo silenzioso, mio fratello non aprì bocca, sembrava come essere infastidito dalla mia presenza. Cercai di iniziare il discorso, provando a capire quale fosse il preciso incarico, per cui questa volta era stato chiamato. Inizialmente Mauro non mi rispose, intuendo che forse avevo già capito qualcosa. Avevo capito che anche questa volta non mi avrebbe voluto portare nelle sue indagini.
Mauro uscì senza degnarmi di uno sguardo. Io con aria sospetta lo seguii, credendo che non si fosse accorto di me.
Appena fuori il portone di casa, Mauro mi vide, con un tono scocciato mi chiese di andargli a prendere un caffè al bar davanti casa. Dispiaciuta io obbedii e lasciai che Mauro sbrigasse i suoi affari da solo, ma per me non era ancora finita, avrei continuato le mie ricerche. Tornai a casa, ero preoccupata per mio fratello e cominciai a cercare un po’ tra le e-mail mandate da Di Belardino per vedere se qualcosa era cambiata nell’ultimo giorno. Leggendo le e-mail riuscì a capire di cosa trattava.
Ultimamente c’erano stati furti e saccheggi. Di Belardino credeva che i saccheggiatori avrebbero colpito ancora, questa volta però avrebbero colpito su famose fontane e altri monumenti importanti. Contenta della mia scoperta avrei fatto di tutto pur di partecipare alle indagini. Quel pomeriggio passò lentamente, Mauro tornò a casa verso le 20 con aria veramente triste.
C’era stata un’altra rapina, i ladri dovevano essere veramente intelligenti! Andai a dormire senza nemmeno cenare, ero troppo avvilita. Mauro, lasciandomi sbalordita, mi invitò a indagare insieme a questo nuovo caso. “Questa volta non ho dovuto faticare per far parte di questa nuova missione” pensai fra me e me.
La mattina dopo mi alzai e capì che quella si sarebbe rivelata una giornata piena di impegni. Vidi Mauro che ronfava beatamente nel suo letto mentre io preparavo la colazione. Ero eccitatissima, finalmente avevo un altro caso da risolvere.
Mauro si svegliò poco dopo e iniziò a gironzolare per la casa. Lo chiamai per la colazione. Parlammo del caso e di come poterlo risolvere. Appena finita la colazione ci dividemmo: Mauro di diresse in centro, mentre io dalla parte opposta. Andai in giro e chiesi informazioni sugli ultimi strani fatti accaduti. Ricavai da un’anziana signora alcune informazioni: “Mentre alcuni ladri agivano, nella città apparivano veri e propri fantasmi che spaventavano la gente, costringendola a rinchiudersi nelle loro case”. Contenta della mia scoperta, anche se avevo qualche dubbio, mi diressi come previsto alla pizzeria di Viale Parioli, per parlare con Mauro delle nostre scoperte.
“Qualche scoperta, Lisi?” mi chiese curioso mio fratello.
“Si!” risposi entusiasta. Una volta spiegata la mia scoperta, ordinammo una pizza da portare a casa. Mentre andavamo via, intravidi nel locale un uomo dall’aspetto familiare.
“Certo è Kieran!” urlai.
Kieran urlò il mio frastuono e quindi si girò di scatto, raggiungendomi sorpreso.
“Come mai sei qui, Kieran?” domandò Mauro perplesso.
“Scommetto che state cercando di risolvere un altro caso”, disse ancora.
“Esatto hai indovinato” risposi.
Tra una chiacchiera e l’altra anche Kieran ci chiese se poteva partecipare alla risoluzione del caso. Accettammo volentieri la richiesta e ci dirigemmo verso casa con le pizze in mano.
Nello stesso momento in cui attraversavamo la strada, una macchina ci investì, facendoci cadere le pizze. Il signore scese dall’auto, si scusò immediatamente, anzi ci invitò a casa sua per farsi perdonare.
Mentre ci portava a casa, si presentò: “Scusate per l’incidente di prima, comunque mi chiamo Mohamed”, ci disse subito.
“Noi invece siamo Mauro, Lisi e Kieran”, disse mio fratello.
Cosi arrivati a casa di Mohamed, ci accomodammo sul divano in salone, mentre lui ci preparava il pranzo.
Quando tornò ci complimentammo per l’ottimo servizio del suo fedele robot Cosimov.
Mohamed ci raccontò della sua vita da inventore. Il robot entrò con il video telefono. Un signore nell’immagine dichiarava che questo pomeriggio sarebbe venuto da Mohamed. “Scusa, era mio fratello, Florenz. Al contrario di me, ha un carattere scontroso e non è molto educato.”
Nel pomeriggio ci invitò a fare un bagno in piscina mentre lui andava ad accogliere il fratello all’aeroporto. Dopo un po’, arrivò Florenz, fece un tuffo. Capimmo subito che era un ragazzo maleducato. Dopo le presentazioni se ne andò. Mohamed tornò dalla banca e ci chiese come era andata con Florenz. “Venite sediamoci a tavola, Cosimov ci preparerà la cena”.
Squillò il telefono: era di nuovo Florenz. Mohamed andò in cucina dove iniziò a parlare con il fratello. Sentimmo che gli diceva con tono scocciato di non dover combinare altri furti, altrimenti la polizia l’avrebbe scoperto. Sedevamo ancora a tavola, dove involontariamente Kieran spinse involontariamente un pulsante da uno strano telecomando. Delle immagini vennero proiettate sul muro. “Non c’è dubbio sono i fantasmi”, pensai io.
Dopo aver riflettuto un po’ su quello che avevamo visto, capimmo che Mohamed aveva a che fare con i furti di cui si parlava ultimamente. Quando tornò, non glielo facemmo capire. Volevamo continuare ad indagare e capire se egli era complice di quello che stava succedendo in quei giorni. Cosi, alla fine della serata, dopo aver ascoltato le chiacchiere di Mohamed, ce ne andammo a dormire pensierosi, ripensando alle tante cose che avevamo visto e ricavato in quella giornata.
Ma proprio quando pensavo di aver tratto una conclusione, mi addormentai con la testa che mi scoppiava perché avevo troppi pensieri per la testa.
La mattina seguente avevamo un piano: “Piazzeremo delle telecamere sui monumenti di Roma” disse Mauro con tono deciso e sicuro.
Mi ero appena svegliata e non capivo bene cosa stesse dicendo.
“Ma come Lisi, non te lo ricordi, dobbiamo scoprire il colpevole, quindi piazzeremo delle telecamere a infrarossi, in modo tale da avere delle prove”. Annuì, ma non ero del tutto sicura, così cercai di contrastare quello che aveva detto Mauro, chiedendogli, anzi quasi imponendogli, di tornare da Mohamed per cercare altri indizi. Mauro concordò. Cosi dopo esserci vestiti ci avviammo verso casa del nostro sospettato.
Passammo dal bar per fare colazione e, per nostra sorpresa, incontrammo Mohamed. Stava bevendo un cappuccino (caffè macchiato), la sua bevanda preferita. Ci salutammo e Mohamed offrì un cappuccino anche a noi, che bevemmo con gusto. Mohamed capì che anche noi apprezzavamo molto questa bevanda. Dopo aver fatto colazione, ci dirigemmo insieme a lui nella sua maestosa villa.
Appena arrivato, Mohamed ricevette una videochiamata da Florenz. “Ehi, ciao fratellone, come va? E i tuoi amici?”
Dall’immagine intravidi che Florenz sul braccio destro aveva un tatuaggio a forma di farfalla.
Mohamed ci ringraziò per avergli fatto compagnia, poi ci accompagnò alla porta, lì appoggiò il braccio destro al muro, la manica lunga scivolò fermandosi all’altezza della spalla, scoprendo un tatuaggio uguale a quello che Florenz aveva sul suo braccio.
Tornati a casa tutti e tre, ci sedemmo sul morbido divano.
Chiesi concentrazione a Mauro, mi alzai e iniziai a parlare “ Hai scoperto qualcosa?”, chiesi.
“No”, rispose Mauro.
“Io sì!”.
“Cosa?”, mi domandò Mauro.
“Ti ricordi al bar quando Mohamed aveva ordinato il cappuccino? Il suo preferito?”.
“Che c’è di male?".
“Anche a Florenz piace la stessa cosa”.
“A me sembra che Florenz e Mohamed siano la stessa persona”
“Giusto Lisi”, disse concordando Mauro.
Anche per il doppio tatuaggio.
Io arriverei anche a dire che le chiamate erano registrate pensai, ma non lo dissi perchè poteva essere sbagliato.
Nel pomeriggio ci dividemmo per appostare in un punto nascosto delle piccole telecamere con il permesso della polizia, così andò passando tutto il pomeriggio.
Sfiniti la sera andammo tutti a casa di Mauro, cenammo e poi uscimmo in strada a vedere la situazione.
In strada non c’era anima viva, era deserta.
A pochi metri dal semaforo vedemmo dei fantasmi uguali a quelli che avevamo visto sul telecomando. Ci avvicinammo sospettosi e notammo che non erano dei veri fantasmi, ma delle proiezioni fatte al computer. Avvertimmo la polizia e dopo alcuni minuti eravamo circondati da moltissime persone che volevano sapere cosa era successo. Iniziammo a raccontare ,in un microfono ciò che avevamo scoperto, ma la polizia prima di crederci doveva avere delle prove, quindi insieme ai poliziotti ci avvicinammo a quelli che sembravano fantasmi e gli mostrammo che erano veramente finti, proiettati da una macchina sul muro. Il giorno dopo, alla televisione mandarono in trasmissione uno speciale su un mistero a Fontana di Trevi, così andammo subito alla fontana per vedere se le nostre telecamere avevano registrato qualcosa di interessante. “Ehi Mauro quell’uomo sembra davvero Mohamed”, dissi io sempre più incredula. “Ha rubato anche le monete,oltre il fatto che ha distrutto tutte le statue della fontana”mi rispose mio fratello. Ci dirigemmo al commissariato di polizia. Mostrammo le prove raccolte e organizzammo un piano per cogliere Mohamed con le mani nel sacco. Avevamo deciso di andare a casa del nostro ladro,mentre la polizia accerchiava la casa. Così iniziammo subito l’ennesima nostra missione. Una volta arrivati nella sua villa, parlammo a lungo con lui.
“Sapete ragazzi sto tornando nel mio paese, l’Arabia, ho già preparato le valigie”, ci raccontò Mohamed.
“Che peccato”, disse Kieran, che ci aveva accompagnato anche oggi in missione. Finite le chiacchiere, insieme al padrone di casa uscimmo fuori dal palazzo dove la polizia lo attendeva e lo arrestò. Gli sbirri gli aprirono la valigia e trovarono moltissimi soldi.
“Caro signor Mohamed, lei è veramente in una marea di guai”, dissero in coro i poliziotti. “Hai molte spiegazioni da darci”, ribadirono gli sbirri.
Lui iniziò a spiegare mentre noi ci godevamo la scena compiaciuti. “Avevo un piano perfetto,ero sicuro di poter vendicarmi contro Roma:gli effetti speciali dei fantasmi finti, le video-chiamate registrate, per poi tornarmene a casa con un bel bottino in monete. Era successa la stessa cosa a mio fratello, ma me la pagherete, ah se me la pagherete!”, disse Mohamed ormai sconcertato.
Così un altro caso era stato brillantemente risolto dagli agenti dell’Unesco, pensavo tra me e me,mentre il ladro veniva portato in gattabuia. Mauro,quando finalmente tutto era risolto venne convocato in ufficio dal suo capo, Di Belardino che gli diede un grande aumento.
Così mio fratello, per mia fortuna, tornò a casa con una nuova macchina che mi aveva comprato, per averlo aiutato nella risoluzione del caso.
Io contentissima, gli corsi incontro e lo abbracciai dalla gioia. Eravamo riusciti, tra fratelli, a scoprire il piano di un genio del male.

 

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